Fra le pieghe dei social network corre un sottile divismo. Facebook ha illuso alcuni di poter essere vip, Twitter rischia di spingere altri a sentirsi intellettuali. Un po’ come i test del QI, gli algoritmi di Klout non fanno che misurare una sola cosa: l’importanza che ciascuno ha all’interno di Klout. Quando la sbornia dei social sarà passata, probabilmente vi riconosceremo uno specchio deformato. Trattandosi di rappresentazione, ognuno cerca di apparirvi meglio di come è. La discrasia fra la foto del proprio avatar e la pelle del proprio corpo rischia di diventarne la metafora. Geni o adulatori? La polvere sale.
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Scritture e riscritture. Riflessioni nella fucina di U10
18.11.2012 – Hassan Bogdan Pautàs – @TorinoAnni10*
Quando parliamo di Twitter e letteratura, è utile distinguere fra scritture e riscritture. Per scritture intendiamo i casi in cui l’obiettivo è scrivere nuove storie su Twitter. Per riscritture, invece, ci riferiamo ai casi in cui Twitter è usato per rimettere nel circuito della cultura di massa i modelli della cultura alta. In prospettiva, inoltre, è possibile immaginare una matrice in cui accanto all’asse scrittura/riscrittura si affianchi un asse che distingue fra esperimenti chiusi, condotti da uno o due autori, ed esperimenti aperti, in cui ad essere coinvolta nella scrittura/riscrittura è una vera e propria comunità di utenti sul web.
Doppiozero ha pubblicato #Twitteratura?. Da #SalTo12 di acqua sotto i ponti ne è passata. Ombelicalmente: #TweetQueneau con Giulia Sciannella e i tweetqueneaumani, #LunaFalò con Pierluigi Vaccaneo, la Fondazione Cesare Pavese e la comunità che ne è nata. Meno ombelicalmente, le altre esperienze incontrate per strada fra cui: @fratelligrimm, @LibriamoTutti, @udieci e @pleensbeta. Prossimo esperimento domenica 28 ottobre, ore 7-23: 64 tweet e una board su Pinterest per rileggere #MarciaSuRoma e dintorni di Emilio Lussu. Dal 5 novembre, invece, Marco Belpoliti racconterà le Fiabe italiane di Italo #00Calvino su @00SerialTW. Molte ragioni per pensare. Il gioco non si ferma.
Giocare sui social network? Come suonare jazz. Finché ci si diverte con una band, va bene. Poi arriva un momento in cui ci si chiede se non sia il caso di dedicare il proprio impegno altrove. Sabato 20 ottobre si terrà #TTT07. Chiusa la mia esperienza, nella valigia porterò con me le persone incontrate per strada, rocamboleschi discorsi in pubblico, il particolare piacere di aver discusso con Carlo Formenti a Lecce e quello di aver ascoltato Marco Stancati da Roma. Per il resto, buona fortuna a chi resta. E un abbraccio a chi con me se ne è andato.
Sette dollari sono un bel prezzo. Mark Zuckerberg guadagnerà ogni volta che un nonno sarà ansioso di far sapere a suo nipote che è tanto felice del suo compleanno e arriverà a pagare per far rimettere in cima agli altri il suo status. Ma se è così che Facebook spera di convincere gli investitori di poter generare profitto, stiamo freschi. E’ un pannicello caldo. Twitter lo fa da un pezzo, ma non mi pare il suo core business: i messaggi a pagamento li ignoriamo a priori. Al momento, i social network sono prede infruttifere. Se li mangeranno gli altri.
Se per Derrick De Kerckhove Twitter è il principale vettore di connessione di un paradigma che lo lega al cloud computing e all’Internet delle cose, perdervi tempo non è poi così vano. Lo spazio libero è finito e ci apprestiamo davvero a diventare i terminali di carne di un tessuto elettronico autocosciente, privo di soluzioni di continuità? Il dubbio, allora, è un altro. Qui non si tratta di valutare opzioni distopiche: se le porte di accesso a questo ambiente sono soltanto quattro – Microsoft, Apple, Google e Amazon – ci siamo già, siamo sudditi inermi dell’impero. La distopia è realtà.
->The Internet of Things – Digital Agenda EU (2012)<-
La bolla scoppia. Il nodo dei social sta venendo al pettine. Facebook tracolla a tre mesi dalla quotazione. Groupon è sull’orlo del fallimento. Zynga naviga in cattive acque e perfino Linkedin accusa il colpo. E’ difficile non concluderne che i social network non dispongono di un vero modello di business. Né a pagamento né con la pubblicità. Quest’ultima, laddove è presente, è poco efficace. Resta un grande asset, la base di utenti. Google ha Google+, Apple sta integrando Twitter, a Facebook non resterebbe che un abbraccio mortale con Microsoft. Nel frattempo, resta da capire fino a dove arriverà il contagio.
->nospuds – red handed from debate<-