A leggere il resoconto dell’incontro di sabato fra FIAT e Governo, l’impressione che è i due attori si siano accordati per un anno di silenzio, escludendo dal gioco la controparte sindacale. Nel 2013, mentre continuerà l’emorragia produttiva dagli impianti italiani ed europei, l’Italia si darà un nuovo governo: non è possibile non considerare che fra chi ambisce ad entrarvi, su posizioni molto vicine a quelle di Mario Monti, è la fondazione Italia Futura. Nel frattempo, l’Italia si prepara senza investire nel trasporto pubblico: si sarà perso un altro anno non affrontando a viso aperto un processo conclamato. La demotorizzazione.
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Una lezione di giornalismo. L’intervista di Ezio Mauro a Sergio Marchionne è la sintesi di ciò che la stampa italiana – eccezion fatta per la ridotta di Repubblica – non ha mai fatto: chieder conto di quei 20 miliardi di euro di investimento che FIAT aveva promesso in Italia e non farà. Lo è perché mette a nudo una litote: “non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti”. Ma se l’orizzonte in cui ci si muove è questo, è evidente che FIAT dovrebbe sedersi al tavolo con il Governo e trattare l’ingresso in Italia di produttori stranieri.
->FIAT – USA Commercial: Immigrants<-
Negli ultimi due anni mi sono chiesto più volte se avesse davvero senso, da una posizione liberale, sostenere gli argomenti di Giorgio Airaudo e della FIOM sul caso FIAT. Oggi ne ho la conferma. Il sindacato dei metalmeccanici CGIL, infatti, è l’unico attore coerente della partita: gli azionisti sono assenti, l’azienda non rispetta gli impegni, CISL e UIL hanno condizionato i lavoratori per abbandonarli al proprio destino, il governo ha avallato senza esigere chiarezza e i partiti – il PD per primo – hanno rappresentato soltanto se stessi. Ora si sussidino i lavoratori, non l’azienda. Il futuro è altrove.
->Daniele Segre – Sic FIAT Italia (2011)<-
L’intervista di Massimo Mucchetti a Sergio Marchionne è una bella lezione di giornalismo. Nel merito, una sola cosa si può chiedere alla FIAT: non giochi a poker con il destino di una città. I mercati hanno bisogno di certezze. Altrettanto gli uomini. Se il problema è la capacità produttiva in Europa, è meglio saperlo subito; purché design, progettazione, motori e trasmissioni restino in Italia. I partiti politici e i sindacati non devono cercare complicità, bensì esigere chiarezza. E se questo significa chiudere Mirafiori, si tratta di stabilire come e quando. Perché Torino ha il diritto di conoscere il suo futuro.
->Giampaolo Squarcina – Case Fiat<-
Il Presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, sembra non aver gradito l’endorsement di Sergio Marchionne a Luca Cordero di Montezemolo. Intanto, emerge con chiarezza che la misura a posteriori sulla validità dei contratti aziendali è stata scritta per la FIAT. Il Partito Democratico, nel frattempo, barcolla come un pugile suonato: ha trascorso l’ultimo anno a corteggiare il Lingotto e ancora non realizza che un italiano su tre, dopo aver votato per il presidente del Milan, ora è pronto a votare per il presidente della Ferrari. Del resto, alcune delle sue proposte sorpassano a manca Bersani, Veltroni e D’Alema. Povera Sinistra.
Se è per ragioni fiscali che la FIAT si appresta a trasferire la propria sede negli Stati Uniti – il dubbio è dovuto – ciò significa che si è perso completamente il senso di appartenere ad una comunità. Agli albori dell’industria, pur affondando le mani nel paternalismo, gli imprenditori disponevano di questa fierezza. Fare soldi significava far crescere il territorio. Svilupparlo per creare ricchezza da redistribuire localmente, almeno in parte. Oggi pare che non sia più così: si investe alla cieca, puntando il denaro su una roulette. Ma è proprio questo che segna la differenza fra essere industriali ed esser finanzieri. Ripensateci.
->Smallmind – Fiat 600D 1965 #01<-
Lo giudicheremo dai fatti, l’impegno della FIAT per Torino. Per ora, due cose ci preoccupano: Sergio Marchionne ha dichiarato che l’azienda investirà 20 miliardi di euro in Italia, ma poco è dato sapere su come questo denaro sarà investito. Nel 2014 si discuterà della sede del gruppo FIAT-Chrysler, ma nulla assicura che si tratti di Torino. Il governo dovrebbe chiedere precise garanzie per il futuro ed esigere che i diritti dei lavoratori vengano sempre rispettati, anziché curare le relazioni esterne della FIAT. Ma tutti, tranne la FIOM e pochi altri, applaudono. Salgono sul carro. Autorità locali, partiti, sindacati. Seguono in ordine sparso.
->Fabrizio Zanelli – South Skyline<-