Archive for July, 2013

Il coltello del sardo

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Il coltello del sardo. Luccicava nella notte, gli chiesi di darmelo in custodia perché non ferisse qualcun altro. All’alba decisero di requisirglielo per sempre. E lui allora cominciò a cercarne un altro per uccidere me. Ricordo i suoi occhi iniettati d’odio, mentre gli tagliavo i capelli. La sua testa era colla, la sua bocca alcool. Nascondeva sotto pelle l’animo di un uomo buono, ma il bere lo aveva indurito troppo. Si alzava all’alba per consumare vino in cartoccio. Sorbiva pane liquido da mane a sera. Abbandonato dagli italiani, pestato dai rumeni. Restava in piedi a fatica, colla voglia di ferire.

Il coltello del sardo

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Qui siamo tutti immigrati

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Qui siamo tutti immigrati. A Torino, dopo la grande immigrazione del dopoguerra, sono rimasti 200mila meridionali. Gli immigrati stranieri, sopraggiunti a partire dalla fine del Novecento, sono quasi 130mila. In una città che conta 870mila abitanti, significa che almeno un cittadino su tre è un immigrato. Il fatto che la Lega Nord si proponga di organizzare a Torino una manifestazione nazionale contro l’immigrazione è quindi una grave offesa alla Città. In questi anni abbiamo subito insulti, ronde padane e pogrom contro i campi nomadi. Eppure, i leghisti non passeranno. Torino cacciò nazisti e fascisti. Non avremo certo paura di loro.

Qui siamo tutti immigrati

->Tornando a casa<-


Un borghese piccolo piccolo

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Un borghese piccolo piccolo. Si nasconde dentro ognuno di noi. Nei piccoli favoritismi per i quali siamo disposti a chiudere un occhio. La condanna putrescente di un Paese che non hai mai saputo scrollarsi di dosso le tristi ipoteche della Chiesa cattolica e della servitù all’occupante straniero. La consapevolezza che l’emancipazione non verrà: resterà il sogno di esigue minoranze. Mentre gli altri, come topi, rincorrono il piccolo quattrino che li rende soli. In una stanza buia, tanto sporca da farti sperare che la luce non vi torni. Nascemmo negli anni Settanta. Non ne percepivamo l’orrore estetico. Una prima classe, ribassata.

Un borghese piccolo piccolo

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Il mondo protesta

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Il mondo protesta. Sarebbe un errore, tuttavia, accomunare ogni paese sotto uno stesso fenomeno. Un conto è se a protestare è la classe media e giovane di paesi il cui PIL cresceva a due cifre ed ora rallenta. Un altro è se a protestare sono i proletari e i diseredati senza cibo che muoiono per le fiammate dei prezzi delle materie prime. Se in Italia non si protesta, poi, è perché in un Paese ricco e vecchio che diventa povero gli inclusi sono ancora troppi rispetto agli esclusi. Cercare le differenze è più utile che generalizzare tutto. La Rivoluzione resta un’illusione.

Il mondo protesta

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Non salire

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Non salire. Un treno si allontana mostrando il suo divieto. Fino a pochi anni fa, il nostro Paese si nutriva dell’illusione che fossimo tutti uguali. Non si trattava che di una uguaglianza formale, esibita per poter implicitamente affermare che alcuni erano orwellianamente più uguali degli altri. Dall’autunno del 2008, invece, con l’eclatare della crisi finanziaria globale, il capitalismo ha dismesso la maschera rassicurante del secondo Novecento. Oggi tutti percepiscono che non siamo tutti uguali: alcuni hanno il diritto sfacciato di uccidere, altri il dovere silenzioso di morire. E se un tempo ci rassicurava la televisione, oggi ci disillude la Rete.

non-salire-milano

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Torino non è cambiata

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Torino non è cambiata. E’ rimasto qualcuno su cui puntare, Giorgio. Bisogna scavare tra le foto dei licei, eppure il respiro è lo stesso. Di ‘cospiratori’ ne nascono sempre: si vedono di sfuggita sotto i portici, o nei cinema all’aperto sul fiume. Il punto è che non hanno più un regime da abbattere, ma solo dei genitori da perdonare. No, le cose non vanno meglio: i fascisti sono sempre gli stessi. Marcano di ignoranza gli angoli e i bar. Si chiudono nelle cravatte, ora di nero hanno le giacche. Conservano integre le abitudini del passato. Corporazione, clientela e famiglia.

Torino non è cambiata

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Alla Mandria in bici

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Alla Mandria si andava in bici. Ci arrampicavamo sulla mappa della città occupando le carreggiate deserte nei lunedì di Pasqua. Sotto il sole di Ferragosto correvamo imbelli da una fontana all’altra, prima che la scuola ricominciasse. Un giorno Dario si fracassò un braccio. Aveva deciso di superare Roberto in discesa, su una curva a gomito. Non ricordo se arrivò prima la bestemmia o il capitombolo. Si rialzò dal fosso scrollandosi la bicicletta di dosso: gridava che non era successo nulla, ma la mano gli pendeva come un panno morto. L’incoscienza non finì quel giorno. Ci chiama ancora, quando restiamo soli.

Alla Mandria

->Solitudini<-