#Tweetbook!
Scritture e riscritture. Riflessioni nella fucina di U10
18.11.2012 – Hassan Bogdan Pautàs – @TorinoAnni10*
Quando parliamo di Twitter e letteratura, è utile distinguere fra scritture e riscritture. Per scritture intendiamo i casi in cui l’obiettivo è scrivere nuove storie su Twitter. Per riscritture, invece, ci riferiamo ai casi in cui Twitter è usato per rimettere nel circuito della cultura di massa i modelli della cultura alta. In prospettiva, inoltre, è possibile immaginare una matrice in cui accanto all’asse scrittura/riscrittura si affianchi un asse che distingue fra esperimenti chiusi, condotti da uno o due autori, ed esperimenti aperti, in cui ad essere coinvolta nella scrittura/riscrittura è una vera e propria comunità di utenti sul web.
La scrittura su Twitter è sequenziale o circolare?
Io sono piuttosto scettico sulla possibilità di fare di Twitter una fonte narrativa, a meno che non si vogliano scrivere prose o versi che si esauriscono in 140 caratteri. E’ ciò che poche settimane fa ha proposto The Guardian a 21 scrittori inglesi, con un esito comunque denso di significato.
Il punto, credo, è che oltre la misura del singolo tweet si perdono i due attributi fondamentali della testualità: la coerenza e la coesione. Perché? Immaginiamo di voler scrivere una storia che si sviluppa in dieci, quindici o venti tweet. Abbiamo due alternative: pubblicare i tweet tutti insieme, uno dopo l’altro, otturando la timeline di chi ci legge, di fatto infastidendolo; oppure diluire i tweet nel tempo, di fatto impedendo a chi ci legge di rimettere insieme il capo della storia con la sua coda.
Questa riflessione è utile non tanto per cercare di negare a priori la possibilità di una twitteratura, bensì perché fa emergere un tratto distintivo della scrittura su Twitter. Noi siamo abituati a pensare alla scrittura come processo sequenziale. E così è, anche all’interno di un singolo tweet. Tuttavia ciascun tweet, più che essere in relazione con i tweet che lo precedono (anàfora) o con quelli che lo seguono (catàfora), tende normalmente a porsi in relazione con qualcosa che sta da un’altra parte: un fatto esterno, o un testo pubblicato altrove (deissi).
Per dirla con Charles Sanders Peirce, ogni tweet è un segno, o representamen: “qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche rispetto o capacità”. Di conseguenza, la scrittura su Twitter assume soprattutto un aspetto circolare, che la avvicina più al parlato che allo scritto vero e proprio. Si tratta, in effetti, di uno scritto-parlato, nel segno di una post-oralità tribale (da McLuhan a Ong).
Se la scrittura su Twitter presenta questi limiti, ciò non significa che in futuro Twitter non verrà a configurarsi come medium specifico: in tale caso, come afferma Tiziano Bonini, Twitter definirebbe inevitabilmente propri confini e generi ‘letterari’. E’ difficile addentrarsi ora in un’analisi profonda di questo fenomeno, che peraltro qui sarebbe destinata a non essere esaustiva. Esistono tuttavia almeno due casi noti in Italia, che vorrei menzionare sebbene assai diversi tra loro.
Il primo è Black Box, il romanzo scritto su Twitter da Jennifer Egan e tradotto in Italia da Matteo Colombo per Minimum Fax (#ScatolaNera): è un esperimento interessante, in cui lo spazio dei 140 caratteri si fa messaggio e determina la sintassi stessa del racconto, rimanendo nel solco di una scrittura sequenziale concentrata in un certo intervallo di tempo e a cadenze regolari su Twitter. Il secondo è #tWeBook, un esperimento di narrazione dialogica disperso quotidianamente nella timeline dei due autori, @Angioletto9 e @TitoFaraci, che scrivono di getto e senza rete, esaltando la rapidità “impermanente” del mezzo.
Ora, mentre le ‘scritture’ muovono primi e interessanti passi su Twitter, io preferisco soffermarmi sulle ‘riscritture’: un po’ come agli albori della televisione, quando in Italia ci si divertiva a tradurre sul piccolo schermo le opere teatrali in sceneggiati televisivi. Con una avvertenza: l’analisi che segue è largamente ombelicale e incompleta, perché si concentra inevitabilmente solo sui casi che conosco direttamente, alcuni format dei quali ho contribuito a disegnare. E’ dunque solo un primo e modesto passo per aprire un possibile ‘dibattito’ tipologico.
Quali forme possono assumere le riscritture su Twitter?
La forma più semplice di riscrittura si chiama citazione. Ognuno di noi ha ormai affiancato all’abitudine di sottolineare un testo quella di trasformarne le frasi più significative in tweet. E’ un esercizio faticoso, che in effetti sottrae tempo alla lettura: se lo facciamo, è perché esso ci restituisce il piacere di condividere immediamente con gli altri ciò che nella lettura più ci emoziona.
Eppure la citazione su Twitter è piatta, e per di più costringe la sintassi del periodo in un singolo tweet. Twitter ha posto da tempo un rimedio a questo problema, introducendo la possibilità di scrivere link e short-link all’interno di ciascun tweet. In questo modo, è possibile spingersi in profondità, rimandando all’intero testo da cui una citazione è tratta, oppure ad un suo estratto.
Tuttavia, anche in questo caso si tratta di un esercizio tutto sommato poco divertente, coinvolgente o interattivo. In fin dei conti, il lettore-riscrittore vi svolge un ruolo passivo, di pura emulazione delle abitudini passate.
Il discorso cambia quando ad un ambiente di superficie come Twitter si associa un ambiente di profondità media, come Pinterest. In questo genere di esercizi maestro è il Bot, @EinaudiEditore (#PrimoLevi25, #Timira e altri), che pochi giorni fa ne ha parlato con Arturo Robertazzi su Scrittore Computazionale.
E’ un esercizio che ho provato a riprodurre con il capolavoro antifascista di Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni (#MarciaSuRoma): 1 board e 115 pin su Pinterest, riprodotti parzialmente in una sessione di 16 ore con 64 tweet il 28 ottobre 2012.
Cosa accomuna le combinazioni fra Twitter e Pinterest? In questo tipo di esercizi ogni tweet si fa indice della combinazione di una possibile icona (la foto del pin) e di un simbolo (la didascalia di ciascun pin): in effetti, altro non è che la tripartizione del segno secondo Peirce.
Già, ma che altro fare, per divertirsi con la letteratura sui social network?
Gli esercizi sincronici
Una prima forma si determina nel momento in cui si decide di raccontare un singolo aneddoto – in modo effettivamente circolare – per un numero potenzialmente infinito di volte, ricorrendo a diversi stili e registri linguistici: si tratta degli Exercices de style di Raymond Queneau, e su Twitter il gioco diventa #TweetQueneau. E’ un esperimento che ho progettato con Giulia Sciannella (@muuffa), e che da marzo a giugno 2012 ha visto impegnata per novantanove giorni una decina di alfieri dell’Oulipo.
E’ probabilmente la forma più semplice per mettere a nudo in ambito letterario gli istinti primordiali dello strumento: la profondità (link/tweet), ovvero la capacità di produrre attraverso Twitter link a contenuti pubblicati altrove; il riverbero (retweet/tweet), ovvero la capacità di restituire ai propri interlocutori i pensieri altrui attraverso i retweet; e la socievolezza (mention/tweet), ovvero la capacità di costruire una comunità di utenti attorno a un argomento.
Gli esercizi diacronici
Un ulteriore salto di scala si verifica quando si decide di accompagnare alla dimensione sincronica (un numero circolarmente infinito di tweet su uno stesso episodio) la dimensione diacronica (un numero circolarmente infinito di tweet a partire da un insieme dato di fatti, episodi o capitoli posti tra loro in successione sequenziale).
E’ a questa cornice logica - Tiziano Bonini mi correggerà se sbaglio – che si può ricondurre l’esperimento condotto dal Goethe Institut con GrimmRemix, attraverso il profilo @fratelligrimm: “dal 7 maggio al 5 giugno i Fratelli Grimm hanno dialogato con il pubblico per riscrivere assieme, attraverso uno scambio quotidiano di tweets, nuove versioni di Cappuccetto Rosso, Pollicino, Cenerentola, I musicanti di Brema e Hänsel e Gretel. Una volta ricomposti i tweet, le 5 nuove fiabe frutto del remix dei lettori sono state pubblicate sul sito come testi e podcast in italiano”.
Ma se la fiaba si presta naturalmente ad un esercizio di decostruzione e ricomposizione semiotica (Propp), è possibile condurre questa pratica al racconto/romanzo (Greimas)?
Occorre una lingua colma di simboli e metafore incastonata in una geometria perfetta di 32 brevi capitoli. Il gioco si chiama #LunaFalò ed è possibile perché il direttore della Fondazione Cesare Pavese, Pierluigi Vaccaneo, decide di sfidare la polvere delle biblioteche e progettare su Twitter una rilettura social de La luna e i falò, con risultati ragguardevoli: in 64 giorni, poco meno di 60 riscrittori, più di 5.000 tweet e circa 600.000 utenti raggiunti.
Più che una ‘riscrittura’, un vero e proprio esercizio di social(web)reading, un’evocazione attenta e collettiva di un romanzo e dei suoi luoghi: Santo Stefano Belbo, Canelli e l’universo mitico delle Langhe e del Monferrato. Ne parleremo lunedì 26.11.2012 su Second Life con gli amici di @LibriamoTutti.
Lungo la strada di queste esperienze, delle quali abbiamo cominciato e continueremo a discutere sulla rivista DoppioZero, Marco Belpoliti – in collaborazione con Moleskine – vi ha da poco intrapreso un eccitante esperimento di narrazione: la riscrittura su Twitter delle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino, che ogni giorno si traducono in un flusso ‘radiofonico’ di tre tweet, una riflessione ed un disegno, attraverso un account (@00SerialTW) e un hashtag (#fiabit) dedicati.
Molti di questi esperimenti hanno trovato sbocco in una sorta di nodo terminale della filiera, attraverso un primo e duplice prodotto fisico: i tweetbook realizzati da U10 (@udieci), declinati in forma di rotolino cartaceo e di vero e proprio metatesto stampabile in .pdf.
I tweetbook sono importanti, perché sciolgono un paradosso: danno una fisicità temporanea a ciò che è impermanente. Ciò ci ricorda un assunto chiave: i social network restano ambienti di superficie, capaci di fare affiorare un universo di segni più profondo; è significativo, sotto questo punto di vista, che al momento le intersezioni fra letteratura e social web non abbiano trovato un format stabile di condivisione georeferenziata. E’ per questo motivo che occorre guardare con estremo interesse a Pleens, la piattaforma progettata da Mafe De Baggis e Gallizio Editore “nata per associare emozioni e ricordi a luoghi, sia dal luogo stesso (via mobile) sia cercando il luogo su una mappa e scrivendoci su (via web)”.
Quale futuro per le riscritture su Twitter?
Emerge con evidenza come sia possibile costruire un brand letterario su Twitter (e Pinterest). Il metodo si presta ad essere replicato: per realizzare ulteriori giochi letterari, per formare alla letteratura i nativi digitali, per innovare il marketing territoriale e, infine, per costruire nuove forme di comunicazione pubblicitaria.
Mentre sul web la pubblicità tradizionale mostra tutta la sua debolezza e le redazioni dei giornali si cingono d’assedio da sole con i pay-wall, noi dobbiamo cominciare ad immaginare che il ‘consumatore’ di cultura e contenuti non è un barattolo di latta che aspetta di essere riempito dalla mano di un’azienda produttrice di conserve.
Gli utenti del web cercano storie in cui possano identificarsi e trasformarsi essi stessi in narratori. Twitter è essenzialmente un’esperienza intima e folk: se gli altri media la citano e il fiume della comunità si ingrossa, allora tende a diventare pop.
Posto che non si tratta né può trattarsi di letteratura strictu sensu, lo spazio per questi esercizi esiste e si configura come un paniere di paradigmi narrativi eterogenei.
->Bob Dylan, Subterranean Homesick Blues (1965)<-
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* Questo testo è nato riflettendo su quanto discusso a Milano, venerdì 19 ottobre 2012, nel corso di una serata conviviale dedicata ai tweetbook #LunaFalò con Pier Luigi Vaccaneo (Fondazione Cesare Pavese), Michele Aquila e Valeria Di Rosa (U10), a cui erano presenti tra gli altri Giovanni della Bona (Libriamo Tutti), Paolo Costa, Francesco Elli, Filippo Pretolani (Gallizio Editore), Cristina Torrengo e Giorgio Vernoni.
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Trovo molto utile questa “sistematizzazione” delle modalità di uso narrativo di twitter. In ogni fase “primitiva” della storia di ogni medium è sempre emerso un grande dibattito sui limiti del mezzo e sulle sue estetiche. Questa riflessione su cosa si può e non si può fare con Twitter è comune alla storia di tutti i media precedenti. E’ utile anche riflettere sui progetti che stanno nascendo e provare a coglierne le differenze e tracciare già una griglia dei modelli possibili di narrazione su Twitter. E trovo che questo articolo abbia il valore di aver identificato alcune categorie molto utili, tipo quella sincronica e diacronica.
Però proverei ad estendere la dicotomia scrittura/riscrittura inscrivendo queste pratiche narrative all’interno del più vasto universo delle “pratiche di replicabilità digitale”, studiate dal semiologo della cultura Lucio Spaziante.
Nella musica pop Spaziante individua cinque diverse pratiche di “replicabilità”:
1) la “versione” (ri-esecuzione, re-incisione, riduzione, adattamento) di un “testo”
da parte dello stesso autore.
2) la “cover” da parte di un esecutore differente. una pratica reinterpretativa che consiste nel produrre una versione differente di un testo, rieseguendolo interamente e conservando il titolo del testo. Possibili diversi gradi di fedeltà.
Da questa abitudine a proporre versioni alterate, sostiene Spaziante:
nasce la pratica del 3) “remix”, cioè l’intervenire nuovamente su un materiale espressivo originale e rielaborarlo. L’elaborazione di materiale altrui può estendersi fino alla “composizione tramite frammenti” ottenuti mediante campionamento (sampling) di materiali pre-esistenti riassemblati. L’intero novecento può essere visto come un secolo di scorribande sonore a partire da materiali pre esistenti”
4) Il collage: montaggio di frammenti sonori di diversi testi precedenti.
Nel 1979 ad esempio, Pierre Henry realizza la Decima Sinfonia di Beethoven dalla destrutturazione sonora delle originali nove sinfonie del musicista tedesco, usando processi di montaggio e fusione di frammenti delle nove sinfonie. In questo ambito rientrano, seppur in gradi differenti, le pratiche di assemblaggio2 e appropriazione.
5) Il campionamento, ovvero la selezione di un frammento di un testo A che, dopo un processo di copia solitamente di tipo digitale, viene prelevato e inserito in un testo B. La presenza di A in b è dotata di diversi gradi di riconoscibilità ed evidenza.
Se applichiamo queste 5 pratiche non solo alla musica pop ma anche alla scrittura, riusciamo ad esempio a cogliere il senso della scrittura del collettivo Wu Ming, come scrissi in questo articolo: http://it.scribd.com/doc/81845326/Wu-Ming-e-l-Arte-Del-Campionamento-bit-generation-e-cultura-del-remix
Secondo me le pratiche di scrittura/riscrittura emergenti da Twitter seguono gli stessi pattern delle pratiche di replicabilità musicale in epoca digitale. Dal momento che la pratica del cut and paste, da pratica artistica delle avanguardie storiche è diventata di massa attraverso software (Manovich, 2005) di editing come Word, motori di ricerca e disponibilità illimitata di contenuti testuali in digitale, è molto facile anche per chi scrive rielaborare testi precedenti. Alla divisione tra scrittura di testi originali, citazioni, riscritture sincroniche e diacroniche, propongo di integrare una divisione per scrittura di testi originali e diverse pratiche di remix, dalla citazione al campionamento al collage al remix vero e proprio. Tutti i progetti emersi in Twitter finora sono comprensibili attraverso la chiave di lettura della cultura del remix, di singoli individui o più frequentemente di collettivi di utenti (social reading).
Sulla possibilità di fare narrazione su Twitter Hassan lo sa, la pensiamo diversamente. Innanzitutto distinguiamo Letteratura e narrazione. forse non è possibile fare letteratura (ma allora l’esperimento della Egan, cos’è?), ma usare Twitter per narrare una storia di finzione sì. poi possiamo discutere sulle forme pratiche di questa narrazione, alcune più o meno efficaci (un tweet unico? più tweet separati? ecc. ecc.), ma mi sembra che, dal momento che esiste un pubblico per questi esperimenti di narrazione, possiamo dire che la narrazione è possibile.
Se la lingua della radio di oggi è segnata dal ritorno dell’oralità, un’oralità secondaria, che ha superato la radio basata sui testi, Twitter invece è segnato da un ritorno della scrittura, una scrittura che subisce le influenze dell’oralità ma che è fortemente vincolata dalle regole grammaticali e spaziali della scrittura. Chiunque usi twitter per scrivere è costretto a tornare a interrogarsi sulla parola più corta e contemporaneamente più efficace da usare per comunicare con gli altri. Quando parli o racconti una storia orale, per citare Ascanio Celestini, “non guardi dove metti i piedi, è come una corsa”, quando invece scrivi su Twitter guardi moltissimo dove metti i piedi, perché di spazio non ce n’è. Semmai la sfida, che per esempio abbiamo provato a fare con i @fratelligrimm, è quella di provare a scrivere imitando l’informalità della lingua orale, così come quando si scrive per la radio. Scrivere parole che devono risuonare nelle orecchie di chi ascolta e di chi legge come se fossero dette e non “scritte”. Scrivere senza sembrare troppo “scritti”, troppo testuali. Ma questo non significa scrivere come si parla (passaggio immediato). Significa scrivere imitando il modo in cui si parla (passaggio mediato), che è diverso, perché implica una riflessione maggiore nella scrittura.
Io sospenderei il dibattito, secondo me poco fecondo, sulla twitteratura, se è possibile o meno, e insisterei, per parte mia, su un altro dibattito, più pragmatico: la possibilità di inventare formati di intrattenimento (alto, basso, colto, popolare, edutainment, infotainment, ecc…) adatti a questo mezzo. Che siano letteratura, narrazione o altro, in fondo mi interessa meno, basta che ci sia un pubblico entusiasta di seguirli e remixarli. Trovo molto utile invece continuare a riflettere sulle differenze tra questi progetti emergenti, per creare un alfabeto comune, una cultura della narrazione su Twitter. grazie Hassan per portare avanti la riflessione su questo tema e aver fornito un luogo per discuterne.
[...] cura, ce lo ha spiegato meno di un mese fa Hassan Bogdan Pautàs in un post acuto e profondo (vedi #Tweetbook! Scritture e riscritture. Riflessioni nella fucina di U10). Il Twitter Fiction Festival lanciato ieri proprio da Twitter sembra darcene lampante [...]