Una scatola di sardine rotola su pozze d’acqua. Si ferma tuonando un ridicolo clacson. Lunga chioma nera, rilucida e secca. Gonna corta, gambe fiere, sguardo altezzoso. Chiama un’amica dall’altro lato della strada. Si avvicina scosciando. Femmina bionda, alta delicatezza di carne. Ondeggia i seni in una camicia bianca. Si precipita dentro il minuscolo ammasso di metallo. Si preparano a lasciare per poche ore la periferia. I palazzi popolari. I vecchi stanchi. I giovani inconclusi. Ostentano una ricchezza che non hanno. Nascondono una ricercata ignoranza. Cacciano gonzi dalle tasche piene. Vinceranno, perderanno o si faranno sfruttare. Prima di sprofondare nella povertà.
Archive for April, 2011
Squassata apatia. Cade nascosta nella pioggia. E’ una nera alla finestra di fronte. Ricostruisce il trucco su uno specchio rosa. Un rombo divide la strada. I vecchi si svegliano in un futuro molesto. Aspetto che Francesco chiami. Ci confonderemo in osservate parole. Sono io il suo contatto con la realtà. Un amore tormentato gli impedisce di condividere le beffe del mondo. Ha arrestato l’ironia di un tempo in un tavolo vuoto. Ha lasciato l’anima in una trattoria sul fiume. E’ un carrello del supermercato che attraversa un corso trafficato. Il calco non scritto di una motocicletta. Ormai vive senza riposo.
Mi invade di certezza, mentre mi risollevo da un autobus perso. Ha capelli raccolti. Esplode in un sorriso delicato. Con sguardo dispettosamente felice arriccia le labbra in segno di sfida. Si illumina ad una mia parola. La inseguo pigiato fra persone distratte. Comunichiamo sospesi. Sono parole mute sovrapposte al parlato. Sfioriamo fili d’erba irregolarmente uguali. Attraversiamo boschi di pietra sotto cieli soffocati. Dormiamo in tende rugginose. Accarezziamo l’idea immonda di un futuro possibile. Ciò che lo impedisce lo rende perfetto. Le do un improbabile appuntamento nel vuoto. L’anima di Bulgakov regna nel deserto incolmato dei nostri sogni. Continuerò a seguirla.
Il fatto è grave e non si commenta da solo: cento parole bisogna spendercele. Ieri sera un grosso petardo è esploso in piazza Madama Cristina. Pochi passi più in là il candidato sindaco del Centro Destra, Michele Coppola, stava partecipando ad un incontro elettorale. Ogni atto violento nei confronti di un candidato alle elezioni amministrative non è soltanto un’azione criminale. E’ una vigliaccata. Qui dobbiamo capirci: la democrazia è un bene troppo grande. Dobbiamo difenderla, in primo luogo da noi stessi. San Salvario non è Sarajevo. Se c’è qualcuno che pensa di intimidirci, deve sapere che saremo pronti a impedirlo.
Torino è un giorno intero in viaggio. Un treno che casca a pezzi e si chiama Italia. L’egoismo di chi non fa sedere gli altri scema lungo il percorso. Si arrende deserto alle porte di Moncalieri. Si assiepa nella babele di via Sacchi. Pelle olivastra di turisti lungo via Roma. Un canto libero in piazza San Carlo. Il futuro vero è qui. Si riempie di progetti e sogni. L’orgoglio dei sopravvissuti. Grida in cinese alla fermata di un autobus. Si accarezza i capelli spiandomi dal finestrino. Mi riporterà lentamente a casa. Rabbia che muove ad Occidente. E’ tempo di cambiare.
Risorgimento, Resistenza, Liberazione. Poi? E’ necessario perdere tutto. Riscoprire la speranza dopo essere caduti. Questi anni di burlesca decadenza passeranno. Non sappiamo quando, eppure il tempo è sempre contato. Un giorno i figli guarderanno in faccia i genitori. Ascolteranno muti la sentenza. La fine dei soldi privati che rattoppano lo sfacelo pubblico. Allora fuggiranno i dubbi acclamando la dittatura. Sarà quello il momento, come è sempre stato. I migliori capiranno di dover sacrificare i piaceri della vita borghese. Torneranno a impegnarsi per il bene comune. Disinteressati, soli, eroici. Al prezzo della vita, lo urleranno ancora. “Aldo dice 26 x 1″.
Un amico emigrato dipinge l’Inghilterra. L’imbarazzo dell’abbigliamento femminile. La difficoltà di trovare un gelato. I luoghi comuni rovesciati. Turisti italiani che si fanno finti esperti di Londra. Le abissali distanze delle periferie. La calma ottusità del traffico. Il silenzio di una coda civile. Le pioggie del Nord. I fiori esplosi nei giardini di maggio. La divertita serietà britannica. E poi l’inguaribile contrasto. Le impietose fotografie aeree dell’Italia. L’indistinta massa di capannoni e puttane sugli asfalti padani. La violenza e i soprusi consumati per strada. La volgare sudditanza ai porci. Il ricordo di un economista morto. L’impossibile sogno. Una dittattura scandinava.
->Fabrizio Zanelli – Porta Susa